Menopausa tra luci ed ombre

Un interessante convegno su “Menopausa e benessere: il binomio possibile” organizzato dalla collega Annunziata Marra per conto dell’Agite a Santa Cesarea Terme (Le) ha ancora una volta confermato che riguardo alle opzioni terapeutiche ci sono più dubbi che certezze.
Dopo l’entusiasmo dei primi anni Novanta dell’altro secolo quando, grazie alla notevole spinta dell’industria farmaceutica, si pensò di aver trovato finalmente il rimedio a tutti (o quasi) i mali per le donne in terza età, la terapia ormonale sostitutiva (TOS), molto caldeggiata ma altrettanto ignorata, vent’anni fa subì un colpo fatale per le critiche di un grosso studio americano su un milione di donne (WHI) che lanciò l’allarme sulle possibili conseguenze negative a lungo andare per la salute stessa della donna.
In verità da noi non è che sia cambiato granché, in quanto la TOS non è mai decollata, per le resistenze al trattamento, non solo delle donne preoccupate dalle notizie lette sui giornali ma degli stessi dottori, sia specialisti che medici di famiglia. Tant’è che, tra conferme e smentite, oggi secondo le statistiche fa terapia una donna su venti, mentre tre donne su dieci ne temono gli effetti collaterali. In proposito non si può negare che permangono parecchi dubbi sulla sua sicurezza nel tempo.
Questo in quanto la carenza di estrogeni, dopo la cessazione della funzione ovarica, si manifesta dapprima con i fenomeni vasomotori (primo decennio), cui seguono i disturbi cardiovascolari (secondo decennio) e infine con i danni da osteoporosi (terzo decennio). E siccome i benefici risultano temporalmente legati all’assunzione dei farmaci, allora in teoria bisognerebbe prenderli per trent’anni. Cosa davvero improponibile, viste le riserve venute dall’esperienza clinica, pur col beneficio di bias di ricerca.

Così da parecchio tempo si è convenuto che un apporto di estrogeni debba iniziare quanto prima (entro un anno dall’ultima mestruazione, comunque nei dieci successivi, e non oltre i sessant’anni di età).

Ancora, va trattata chi avverte sintomi fastidiosi, alla più bassa dose efficace e per il minor tempo possibile (cinque o, secondo alcuni, solo tre anni). In alternativa, possono essere usati farmaci cosiddetti modulatori recettoriali (SERMS) o sostanze di origine vegetale (fitoestrogeni), anch’essi però non esenti da critiche.
Ad ogni buon conto importante è che la menopausa non sia considerata come una malattia, quindi che necessiti sempre di una terapia. Molte donne infatti hanno scarsi o nulli fastidi, mentre sintomi come le caldane scompaiono dopo qualche tempo. È fondamentale anche in questi casi lo stile di vita. Che si concretizza in una sana alimentazione (preferendo ad esempio pesce e legumi a pasta e riso), per contrastare la tendenza all’aumento di peso, controllabile pure con una costante attività fisica (vanno bene le lunghe passeggiate di buon passo), utile anche a contrastare l’osteoporosi, unitamente a latte e latticini, oltre all’esposizione al sole. La secchezza genitale può trovare giovamento da trattamenti locali, non pericolosi, cui va sempre associata una buona igiene intima con prodotti non aggressivi.
Discorso a parte meritano i disturbi mentali, come il declino cognitivo e la depressione. Il primo è l’anticamera della demenza senile, che presenta una predisposizione genetica e verso cui si sta cercando una terapia di contrasto al deposito della sostanza che toglie il respiro alle cellule cerebrali. La seconda è legata a varie cause (personali, familiari, ambientali) ma il più delle volte inizia con la non accettazione delle modifiche corporee che si materializzano davanti allo specchio. Per prime le rughe. Contro le quali è meglio non far nulla e non buttare soldi in inutili trattamenti estetici. “Sono un simbolo di esperienza e di
maturità” ha detto addirittura Papa Francesco, invitando a “Non toccarle per diventare giovani, ma solo di faccia”, per andar contro “L’ossessione, disperata, della carne incorruttibile”. Inseguendo il mito dell’eterna giovinezza. Che non esiste!
È pur vero che i cambi dell’aspetto influiscono sulla vita sessuale. Ma non è solo quello che condiziona la continuità dei rapporti. Infatti nel 50% delle donne si osserva atrofia vulvo- vaginale e il 40% lamenta dispareunia. Fastidi fisici che, sebbene curabili (estriolo e testosterone locali, bazedoxifene, laser), spingono spesso le interessate a rifiutare il coito, se esso diventa causa di dolore invece che piacere. Ma non va dimenticata l’altra metà del cielo, gli uomini, che con l’avanzare dell’età possono manifestare disturbi dell’erezione, di solito in percentuale uguale alla decade d’appartenenza, fino ad impedire in vario grado l’atto sessuale. Pertanto il calo del desiderio femminile non è legato solo alla primitiva mancanza di estrogeni ma riconosce anche cause psicologiche, come il non vedersi più oggetto del desiderio, specie se il partner ricorre a farmaci contro l’impotenza.
Non è da trascurare infine la prevenzione dei tumori che purtroppo si fanno più frequenti nell’età anziana. Per il cancro della mammella e quello del collo dell’utero sono stati avviati da tempo gli screening che permettono di riconoscere la malattia quando è ancora curabile. Per il cancro del colon-retto la prevenzione è più farraginosa, mentre per quello del polmone ancora non esiste, ma la raccomandazione prima è di non fumare, essendo tale tumore ormai molto diffuso anche tra le donne. Gli screening però prevedono una copertura sino a 69 anni per la mammella e per il colon-retto, mentre sino a 64 anni per il collo uterino.
Dopo che fare? È senz’altro possibile continuare a fare controlli, ma a pagamento, come quelle terapie che, sebbene utili, quasi sempre bisogna anch’esse pagarsele. Ahimè, l’amara realtà è che la salute ha sempre più un costo.


Pubblicato il Ottobre 11, 2022